TRAMA:Si dice che ogni cane assomigli al proprietario: Folco, un cucciolo di chihuahua insicuro e diffidente, vive rintanato sotto il letto per scongiurare qualsiasi incontro ravvicinato con il mondo esterno.
Per lo stesso motivo Mattia, il suo padrone, evita accuratamente di lasciarsi coinvolgere in possibili rapporti sentimentali e si veste di nero nella speranza di apparire il più scostante possibile: ha vent’anni, nessuna idea di cosa fare della sua vita e una storia d’amore travagliata alle spalle, che ha minato la sua autostima.
Ogni estraneo è un potenziale pericolo, per Folco e Mattia.
Riuscirà Bruno, l’estroverso fotografo trentenne che abita nell’appartamento di fronte, a guadagnarsi la fiducia di entrambi e a far breccia nelle barriere che il ragazzo ha eretto a difesa della propria esistenza?
Con la testardaggine che da sempre lo caratterizza, con una buona dose di sfacciataggine e con la pazienza di chi è abituato a non arrendersi, Bruno prende per mano Mattia e lentamente guarisce le sue ferite.
Dall’alto dei suoi dieci centimetri d’altezza, il piccolo chihuahua assisterà a questa progressiva educazione alla fiducia, sullo sfondo una Torino un po’ magica e un po’ misteriosa dove nulla è come sembra e tutto appare possibile. Perfino innamorarsi davvero.
Comincerò la mia recensione con una piccola confessione: man mano che leggevo la storia, mi sono chiesta più volte il perché di questo titolo, dato che il piccolo topo-cane, Folco, non sembrava avere un ruolo preminente negli accadimenti. Ecco, nel caso vi venisse il mio stesso dubbio, sappiate che era un cruccio inutile e che le autrici non si sono ammattite. Abbiate fede e tutto avrà un senso entro la fine, compreso il ruolo materiale e metaforico del topo-cane, tanto da meritarsi il titolo.
Chiarito questo, posso dirvi che il romanzo mi è piaciuto tantissimo e l’ho divorato!
Bruno, il nostro protagonista trentenne, è simpatico, logorroico, sfrontato in maniera quasi imbarazzante e con un appetito insaziabile, il che fa nascere dei simpatici siparietti, assieme alle sue strane convinzioni su possibili poteri esoterici insiti nella sua città e, più precisamente, nel suo portone di casa e nei suoi vicini bizzarri. È impossibile non affezionarsi a lui, perché ha una caratterizzazione davvero ben riuscita e si parteggia per la sua felicità, cosa che potrebbe realizzarsi se il suo vicino non fosse così testardo e sfuggente, ma Bruno è davvero perseverante!
Mattia, l’altro nostro protagonista, ha appena vent’anni e sta attraversando una fase difficile della sua vita, una specie di crisi esistenziale che riguarda il suo futuro, il rapporto strettissimo – ma non equilibrato – col fratello gemello, e poi ancora un lavoro insoddisfacente e un passato amoroso traumatico.
Mattia non sa cosa vuole, ma sicuramente non vuole avere niente a che fare col suo dirimpettaio, il bel fotografo che incrocia spesso sul pianerottolo e che lo considera il ‘gemello malefico’.
Sia Mattia che Bruno hanno un passato affettivo doloroso, anche se per motivi diversi, e la loro storia è un lento creare basi che traballano, ponti che scricchiolano e qualcosa frana pure, ma a piccoli passi costruiscono anche un legame bellissimo e unico, raccontato con una delicatezza quasi poetica.
La storia non contiene molte scene esplicite, ma quelle presenti sono sensuali e coinvolgenti. In generale, ciò che attrae è la sottile vena erotica che scorre nelle descrizioni – vuoi per uno sguardo, vuoi per una foto, vuoi per l’ombra che gioca sulle pieghe della pelle…
Lo stile delle autrici risulta davvero curato e coinvolgente, il ritmo è ben calibrato.
Ad affiancare i protagonisti, ci sono gli amici dell’uno e dell’altro, che impreziosiscono la storia con i loro interventi, gli aiuti preziosi e le battute irriverenti.
Siccome questo è il primo volume, immagino che il prossimo riguarderà l’altro gemello e non vedo l’ora di leggerlo, anche se, per adesso, vi consiglio di gustarvi questo.