Buongiorno amici e amiche di Tre libri sopra il cielo. Oggi per la rubrica NON TUTTI SANNO CHE… parliamo di una canzone e di un film e precisamente de “Il Mago di Oz”.
Il Mago di Oz è un film del 1939 diretto da Victor Fleming (regista, lo stesso anno, di Via col vento) interpretato da Judy Garland, all’epoca diciassettenne che, in seguito, divenne un’icona gay.
La storia è pensata per essere apprezzata soprattutto (ma non solo) da un pubblico pre-adolescente che può immedesimarsi con la protagonista Dorothy, una ragazzina che sogna di vivere felice in un posto che non sia come casa sua, dove gli adulti che la educano, presi dal lavoro quotidiano, sono incapaci di darle l’affetto e l’attenzione che desidera.
In seguito a un incidente causato da un tornado che si abbatte sulla sua casa, Dorothy perde i sensi e si ritrova nel paese del Mago di Oz, dove, assieme a tre amici “particolari”, compie un viaggio fino alla residenza del Mago, al quale ognuno di loro deve chiedere una magia.
Gli amici che accompagnano Dorothy nel viaggio sono: uno Spaventapasseri (che al Mago vorrebbe chiedere un cervello), un Uomo di Latta (che vorrebbe un cuore) e un Leone (che vorrebbe il coraggio). Dorothy, invece, al Mago vuole chiedere di tornare a casa sua, consapevole che, in realtà, lì ci si preoccupa per lei.
Vale la pena ribadire che questi tre personaggi sono davvero singolari. Uno di loro, poi, il Leone, è più “atipico” degli altri perché sembra lontano dallo stereotipo del macho virile, tanto che potrebbe essere definito, con tutta tranquillità, queer.
Over the rainbow (Oltre l’arcobaleno)
La prima canzone del Mago di Oz interpretata dalla Garland è la celebre Over the rainbow di Harold Arlen ed E.Y. Harburg. In essa Dorothy, ancora a casa sua, spera di poter trovare un posto, oltre l’arcobaleno, in cui i sogni diventino realtà e in cui anche lei possa vivere felice.
La prima strofa recita:
Somewhere over the rainbow, way up high
There’s a land that I heard of, once in a lullaby
Somewhere over the rainbow, skies are blue
And the dreams that you dare to dream
Really do come true.
Da qualche parte oltre l’arcobaleno, lassù in alto
C’è un paese di cui ho sentito parlare una volta in una ninna nanna
Da qualche parte oltre l’arcobaleno i cieli sono blu
E i sogni che hai il coraggio di sognare
Diventano realtà.
Oggi, Over the rainbow è uno degli inni più noti, a livello internazionale, del movimento LGBT. La causa va ricercata:
Gli amici di Dorothy
Se si sommano il carattere “atipico” dei tre accompagnatori di Dorothy nel paese del Mago di Oz e la prima strofa citata di Over the rainbow, si può comprendere con facilità come, in anni in cui, negli Stati Uniti, l’omosessualità non era accettata, gli omosessuali “velati” iniziassero a riferirsi a se stessi come agli “amici di Dorothy”.
Ricorda, infatti, Luca Prono alla voce dedicata a Judy Garland nell’Encyclopedia of Gay and Lesbian Popular Culture (2008, Greenwood Pub Group):
(…) “in tempi più bui, nei quali, negli Stati Uniti, l’omosessualità è stata legalmente perseguitata, i gay, in società, si chiamavano l’un l’altro “amici di Dorothy”. Era un modo in codice per alludere al proprio orientamento sessuale senza che le altre persone presenti capissero il senso della discussione”.
Nei campus americani infatti, dai tardi anni 40, definirsi “amici di Dorothy” era una dichiarazione di omosessualità, un modo per riconoscersi e farsi riconoscere nelle piccole comunità semiclandestine in cui ci si riuniva, ci si confrontava e supportava.
L’icona Judy
Judy Garland è diventata così amata nelle comunità LGBT per svariati motivi complessi.
La rivista LGBT The Advocate definì la Garland “un Elvis per gli omosessuali”. Negli anni prima di Stonewall gli omosessuali americani si definivano, in compagnia di eterosessuali “presunti omofobi“, “amici di Dorothy”.
Judy era estremamente popolare tra gli omosessuali durante la sua vita. Frequentava e cantava nei bar gay, scherzava dicendo “sono l’unica donna presente”. Suo padre era omosessuale, così come due dei suoi mariti e anche il suo mentore. Ma l’amore delle persone omosessuali verso di lei ha un motivo molto più profondo della semplice accettazione da parte di Judy.
Sia che sugli schermi, sia che nella realtà Judy mostrava nello stesso tempo forza e vulnerabilità. Cantava di un’intensa solitudine, poi di un amore folle. Ha sempre avuto il panico prima di andare in scena, ma nello stesso tempo dichiarava che esibirsi era la più grande gioia che lei abbia mai vissuto. Questi sentimenti in contrasto hanno rispecchiato la vita degli omosessuali non dichiarati di quei tempi, che si identificavano con la Garland e coi paradossi nella sua vita.
Il messaggio principale de “Il mago di Oz” è che “troverai ciò che cerchi dentro di te”. Questo messaggio risuonava negli animi.
Durante il primo gay pride del mondo, il New York Pride che si tenne il 2 novembre 1969 hanno suonato “Somewhere over the rainbow” in suo onore.
Il 10 giugno del 1922 nasceva quella piccola star per cui fu a ragion veduta coniato il termine di icona gay. Sempre in giugno, ma il 22, ricorre invece l’anniversario della sua morte per overdose, pochi giorni prima che, con i moti di Stonewall, la comunità LGBT americana segnasse il punto di partenza e di non ritorno del proprio movimento di liberazione, dando vita a quell’onda i cui effetti però ancora oggi in molti paesi tardano ad arrivare.
Molti addirittura (si veda ad esempio il film Stonewall del regista britannico Nigel Finch) legano la sua morte a quella rivolta che l’ha seguita, come l’arcobaleno dopo la pioggia, e che dal 28 giugno 1969 torna a festeggiare il proprio orgoglio con un’arcobaleno sulla bandiera, Over the Rainbow, come una sorta di inno nazionale e la Garland nel cuore: una combinazione unica di vulnerabilità e forza, racchiusa in un piccolo corpo dalla stupefacente presenza scenica, nonché reso immortale da un carisma magnetico.
Legato alla sua carriera artistica è anche uno dei primi, e più pubblicizzati per l’epoca, meeting della gay community: il suo concerto del 1960 al Carnegie Hall di New York.
Vi lascio col il video di quella memorabile canzone. Buona visione
fonti: http://www.pianetagay.com
http://www.malesoulmakeup.wordpress.com
Analisi molto bella e dettagliata, l’ho apprezzata molto. Unica cosa che stona un po’, se posso permettermi, è l’articolo prima del cognome Garland.
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Grazie per i complimenti e anche per l’appunto. Hai fatto bene a farmelo notare ;-)… cercherò di starci più attenta, anche se a volte lo “slang” quotidiano vince sulla forma. Un abbraccio
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