TRAMA: Francia, 1712.
Moreau è figlio della strada.
Un randagio cresciuto tra il crimine e l’indifferenza di una città in cui chi nasce nel fango, in esso muore.
Ma non lui.
Destinato a diventare feccia della società per maledizione di nascita, decide di ergersi a paladino della legge, l’unica fonte di civiltà in un mondo di cannibali.
Quando viene assegnato come guardia ai crudi lavori forzati della città, Moreau è pronto a usare ogni mezzo necessario per garantire l’ordine e il rispetto della giustizia.
Solitario e algido, Moreau non sa che sul suo cammino si staglierà un ostacolo imprevisto: un uomo che prenderà le sue certezze, e rischierà di frantumarle con la forza prorompente di un leone.
Premetto che “Guardia” è il primo libro che leggo della Sanleo, un’autrice che non conoscevo, ma ho detto tante volte che sono un’amante degli storici M/M, quindi ho voluto tentare.
Francamente, sono contenta di averlo fatto, ma questo è uno dei pochi casi in cui mi trovo in difficoltà a stendere una recensione, e ancor più a dare un voto, per i motivi che andrò a spiegarvi fra poco.
Il volume è composto da trecento pagine circa, suddiviso in tre parti che sono proprio chiamate ‘libri’ e che coincidono con tre fasi della vita del protagonista.
Moreau è il figlio di una prostituta di strada e si porta appresso questo stigma fin da bambino, ma anziché intraprendere una vita malavitosa come ci si aspetterebbe da lui, Moreau vuole redimersi da colpe che non ha e che ha ereditato, vuole ergersi a uomo migliore, diventando un paladino per combattere i crimini e le ingiustizie, un tutore della legge esemplare, con l’aiuto di chi vede il suo potenziale di giovane integerrimo e volenteroso.
Il suo primo incarico è la sorveglianza in una prigione, dove criminali di vario tipo si occupano di lavori forzati scontando le loro pene.
Moreau lo svolge con irreprensibile impegno, anche se la nomea delle sue origini lo precede, rendendolo oggetto di scherno sia fra i detenuti sia fra i pari. Moreau non si cura di essere isolato e bistrattato, non cerca legami né amicizie, e soprattutto si protegge con la sua corazza di alti ideali, di stereotipi fra buoni e cattivi, a tal punto che ci mette un po’ a capire che non tutte le guardie sono buone e non tutti i criminali sono delle bestie che meritano di essere maltrattate a priori. Questo scioccante cambio di prospettiva – uno sconvolgimento del suo personale asse terrestre – avviene grazie all’incontro con il carcerato n°17 e con lo strano rapporto che, suo malgrado, si trova a creare con lui.
17 gli fa rimettere in discussione ogni convinzione e ogni priorità; che lui lo voglia o no, gli cambierà per sempre la vita.
Questo è solo l’inquadramento iniziale della storia, che si sviluppa poi lungo l’arco dell’intera vita di Moreau.
Come dicevo poc’anzi, mi trovo combattuta nell’incasellare questo romanzo per molteplici motivi, sia soggettivi sia oggettivi.
Soprattutto nel primo terzo del volume, nella parte dedicata alla prigione, la narrazione mi è parsa pesantissima per come sono strutturate le frasi. La semplice inversione delle medesime parole avrebbe reso i costrutti più scorrevoli e agevoli al lettore, come l’uso di congiunzioni anziché virgole. Non so se fosse un espediente voluto per ricreare l’atmosfera angosciante e opprimente della prigione, ma francamente mi sembrava di aver letto il doppio delle pagine effettive. L’unica cosa che mi ha spinta a continuare malgrado la pesantezza era la curiosità di sapere cosa sarebbe successo a Moreau e a 17.
Nella seconda metà del volume ho notato un miglioramento in tal senso, la lettura è più scorrevole.
Un altro tasto dolente è la necessità di un editing del testo, perché sono presenti lungo tutta la storia degli errori di punteggiatura (virgole fra soggetto e verbo, mancanza di spazi dopo i puntini di sospensione, refusi di digitazione, etc…). Anche l’uso dei verbi non è sempre consono, uno su tutti è ‘someggiare’ usato più volte in modo improprio.
Quali sono i lati positivi di questa storia?
Devo ammettere che, malgrado i suoi difetti e il ritmo di lettura non sempre facile, ha saputo incuriosirmi dall’inizio alla fine.
La trama è ben congeniata, il suo sviluppo è ben gestito; fino alla fine del volume l’esito è incerto e il lettore non sa cosa aspettarsi. Il finale è soddisfacente, persino commovente per quelli dalla lacrima facile come me.
La storia è uno spaccato verosimile del periodo storico in cui è inserita e si nota una cura nei dettagli e negli ambienti del tempo.
È una storia completa anche dal punto di vista azione-introspezione, non mancano le riflessioni dei personaggi e gli imprevisti e i problemi non scarseggiano, così come una sottile tensione per il pericolo sempre in agguato. La parte romantica si sviluppa tardi, ma è una scelta funzionale alla narrazione e mi è piaciuta.
Un avvertimento che avrei gradito trovare è quello sulla presenza di violenza, soprusi e abusi a vari livelli, anche di tipo sessuale.
Chiudo il mio commento confermando che la trama meriterebbe cinque stelle, ma la resa purtroppo la penalizza. Se siete disposti a chiudere un occhio, è un libro originale che vi consiglio.